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La valutazione delle rimanenze di magazzino 2018: aspetti civilistici e chiarimenti OIC

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Le rimanenze di magazzino di fine esercizio rappresentano costi sostenuti dall’impresa per l’acquisto o la produzione di determinati beni considerati strumentali all’attività di business, i cui ricavi saranno realizzati solo nell’esercizio successivo.
Cosa sancisce la disciplina contabile in materia di valutazione delle rimanenze di magazzino per l’anno 2018? In base al principio della competenza, si tratta di oneri che devono essere rinviati.
Normativa civilistica: Valutazione Rimanenze di Magazzino 2018
La regola civilistica per la valutazione delle rimanenze di magazzino è contenuta nell’articolo 2426, primo comma, punto 9, dove si enuncia “le rimanenze, i titoli e le attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni sono iscritti al costo di acquisto o di produzione, calcolato secondo il numero 1), ovvero al valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato, se minore; tale minor valore non può essere mantenuto nei successivi bilanci se ne sono venuti meno i motivi. I costi di distribuzione non possono essere computati nel costo di produzione”. 
In virtù del principio della rappresentazione veritiera e corretta è fatto divieto mantenere l’ultimo minor valore qualora siano venuti meno i motivi della svalutazione effettuata. E’ da tenere presente che, in base al principio della prudenza, il riadeguamento va effettuato solo se vi sia la ragionevole certezza del recupero di tale maggior valore tramite la vendita, ed in tempi brevi.
Il documento n. 13 dell’OIC, specificatamente dedicato alle rimanenze di magazzino, riprende questa affermazione e ritiene, in linea con la prassi internazionale, che le rimanenze di magazzino siano “costi da rinviare al futuro”, prudenzialmente svalutati quando il valore di mercato raggiunga livelli inferiori. Si rigetta quindi la possibilità di includere nel valore dei beni in magazzino anche parte del margine reddituale in corso di formazione.
Il criterio base di valutazione è pertanto il costo storico di acquisto o di produzione; si utilizzerà il costo di acquisto per valutare materie prime, sussidiarie, di consumo, semilavorati d’acquisto e per le merci; mentre sarà rilevante il osto di produzione per valutare i prodotti in corso di lavorazione, i semilavorati di produzione ed i prodotti finiti.
Qualora, il valore di realizzo stimato alla chiusura dell’esercizio sia minore, il costo dovrà essere svalutato prudenzialmente. Come regola base per la determinazione, il documento n. 13 dell’OIC stabilisce che il costo comprende il complesso delle spese sostenute per avere la disponibilità delle giacenze nel luogo e nella condizione in cui si trovano al momento della valutazione.
Come calcolare il costo delle rimanenze?
Il metodo più attendibile è quello della valutazione a costi specifici, che risulta essere applicabile solo a beni infungibili, ad imprese cioè che hanno in rimanenza un numero limitato di prodotti ben individuabili, aventi un elevato valore unitario
Per i beni fungibili, il costo delle materie prime può essere calcolato seguendo uno dei seguenti metodi:
− costo medio ponderato
− primo entrato, primo uscito (FIFO)
− ultimo entrato, primo uscito (LIFO).

 

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