ACCERTAMENTO STUDI DI SETTORE – ONERE DELLA PROVA.

In tema di accertamento, in base alle incongruenze o incoerenze agli studi di settore, allegati alla dichiarazione dei redditi dei soggetti obbligati, più volte si è dibattuto principalmente su chi ricade l’onere della prova; in particolare, se questa sia a carico dell’Ufficio o a carico del contribuente, essendo consolidata la qualificazione di “presunzione semplice” attribuita agli studi di settore, circa le discordanze rilevate tra i redditi dichiarati dal contribuente – e quelli attesi da Gerico.

La Cassazione in diverse occasioni si è occupata di tali avvisi di accertamento, emessi in base all’art. 39 c. 1 lett. d) del DPR 600/73, tramite i quali si definiscono gravi, precisi e concordanti “i risultati parametrici di GERICO” (quando questi costituiscano un’abnorme differenza rispetto agli elementi imponibili dichiarati dal contribuente) , tale da rendere legittime la rettifiche dei ricavi dichiarati.

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 14313 del 15 giugno 2010, ha stabilito che l’onere della prova contraria grava sul contribuente nel caso in cui l’ avviso di accertamento, sia pur basato sugli studi di settore, presenti gravi ed abnormi incongruenze tra i ricavi attesi e i quelli dichiarati dal contribuente.

In alcuni casi, i giudici della Cassazione hanno ritenuto qualificare come legittimo l’accertamento basato sugli studi di settore, quando l’Ufficio riesca a dimostrare la gravità delle incongruenze, in modo tale da rendere realistica la ricostruzione logico-induttiva dei fatti contabili che provano l’evasione e  che condannano il contribuente; e quando quest’ultimo ─ investito dell’onere della prova ─ non fornisca elementi atti a smentire “i nessi logici” che supportano la tesi dell’evasione e la legittimità della rettifica, quantunque l’Ufficio non abbia altri elementi ed indizi reali di prova contabile dell’evasione.

Con l’ordinanza n.18941 del 31 agosto 2010, La Corte di Cassazione “rifacendosi al tema dell’onere della prova e alla sua inversione a carico del contribuente”  ha riaffermato che gli studi di settore e i loro risultati hanno natura di presunzione semplice.

Tale sentenza focalizza l’attenzione sul fatto che un accertamento “fondato esclusivamente sul risultato parametrico degli studi di settore” può essere annullato dimostrando che l’attività svolta non è quella a cui è stato applicato il calcolo di GERICO.

Nella fattispecie si è statuito che tale risultato teorico, derivante dagli studi di settore, “non possa essere suscettibile di evidenziare ─ in termini di rilevante probabilità ─ l’entità reddituale del contribuente”  in considerazione anche della particolare e sostanziale circostanza che rileva come il comparto in cui opera l’azienda sia stato investito da una “crisi produttiva e commerciale”.

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