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Internazionalizzazione delle imprese e rapporti con il Fisco: traguardo possibile

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I provvedimenti che migliorano i rapporti fra grandi contribuenti e Fisco (cooperative compliance ed interpelli) meritano certo un plauso. La grande impresa è, infatti, quella che contribuisce in modo più determinante all’assetto economico del paese. Ma è anche quella più esposta alla concorrenza internazionale e, implicitamente, al confronto fra sistemi paese: il che vuol dire anche al rischio di migrazione all’estero se le condizioni in cui è nata e si è sviluppata cessano di attrarla al suolo nazionale (Luxottica docet).

In ambito tributario, poi, ciò che per noi è impresa “grande” (più di 100 milioni di fatturato) nel contesto internazionale costituisce, perlopiù, impresa “media” ed essa diventa appetibile quando mostra segni che ne rendono ipotizzabile una ulteriore crescita. Migliorare, quindi, il rapporto fra questa tipologia di imprese ed il fisco concorre davvero ad aiutarne lo sviluppo e, al tempo stesso, a radicarne la presenza nel nostro paese.

Quali conseguenze ne derivano? Ne deriva, innanzitutto, un rapporto di maggiore frequentazione fra il responsabile fiscale dell’impresa e l’Agenzia, la discussione quotidiana fra loro delle problematiche ricorrenti, la familiarizzazione dell’Agenzia con le caratteristiche del business in questione. Risvolti positivi per il sistema. Ma comportanti una oggettiva riduzione di ruolo per coloro che la funzione di “trait d’union” hanno finora esercitato: i consulenti fiscali dell’impresa.

Certo, questi continueranno ad essere utili; ma verranno ascoltati sulle questioni più scabrose o su quelle sulle quali Agenzia ed impresa non hanno trovato un punto d’incontro. Oppure nelle vicende che sfociano in una vera e propria lite. A loro volta i consulenti fiscali, che sono anch’essi organizzazioni, sia pur di dimensioni contenute, dovranno fare i conti con una realtà che richiede minor apporto di natura quantitativa ma ben maggiore qualità nel servizio offerto.

I meccanismi di selezione dei giovani consulenti ed anche la tipologia di specializzazione che essi dovranno mostrare subiranno, quindi, delle consistenti variazioni. Per dire: una piena padronanza della procedura litigiosa (non solo tributaria, ma anche civile ed amministrativa) assumerà diverso rilievo rispetto al passato. E così anche per gli aziendalisti non basterà il dominio del bilancio ma occorrerà qualcosa in più della semplice nozione di contabilità industriale: da lì, anzi, si dovrà partire, per esempio, ove si voglia interloquire in materia di transfer pricing.

Avvisaglie di questa prospettiva si vedono anche sul fronte della piccola impresa. L’obiettivo di arrivare alla dichiarazione (Iva e dei redditi) precompilata, la fatturazione elettronica con rimessione sistematica dei dati all’Agenzia delle Entrate, risponde agli interessi dell’amministrazione finanziaria. Ma i dati che essa già possiede – e quelli che possiederà con fatturazione elettronica, accesso ai movimenti bancari e scambio di informazioni con amministrazioni estere – la metteranno in condizione di avere una tale conoscenza da ridurre di molto le ragioni di conflitto essendo chiaro ad entrambe le parti qual è l’effettiva situazione.

Errori di rilevazione, certo, ci saranno; ma la materia del conflitto tenderà a schiacciarsi verso la ricostruzione del fatto piuttosto che della sua interpretazione. Ne conseguirà, ancora, una oggettiva riduzione dello spazio per un proficuo intervento professionale.

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