Il decreto del MEF di giugno 2025 ha finalmente chiarito come i ricavi vadano trattati secondo il nuovo principio contabile OIC 34, stabilendo un raccordo diretto tra criteri civilistici e regole fiscali per IRES e IRAP, con effetto dai bilanci 2025.
In pratica, si rafforza la cosiddetta “derivazione rafforzata”, cioè il principio per cui le regole contabili diventano anche regole fiscali, purché non in contrasto con disposizioni tributarie specifiche.
Il nuovo OIC 34 impone una logica più economica e meno formale: il ricavo nasce non solo quando si emette la fattura, ma quando l’impresa trasferisce il rischio e il beneficio del bene o del servizio, anche in base allo stato di avanzamento della prestazione.
Ciò comporta che i corrispettivi variabili — sconti, premi, penali, resi — assumano rilevanza fiscale solo quando sono certi e oggettivamente determinabili. Una regola che rafforza la coerenza tra contabilità e fisco, ma che richiede prudenza nella documentazione e nella stima delle componenti accessorie.
Il decreto definisce anche un metodo strutturato per la contabilizzazione dei ricavi in quattro fasi: identificare il contratto, determinare il prezzo complessivo, suddividerlo tra le varie obbligazioni (unità di prestazione) e infine rilevare i ricavi quando la prestazione è completata o proporzionalmente eseguita.
Per le imprese minori, sono previste semplificazioni: non serve attualizzare i crediti se i pagamenti sono entro 12 mesi e si può evitare di scomporre i contratti semplici in unità elementari quando l’effetto economico è irrilevante.
Sul piano pratico, il decreto punta a uniformare il trattamento fiscale dei ricavi, ma apre anche scenari di complessità per chi dovrà applicarlo. Le imprese dovranno documentare in modo puntuale le stime e i criteri adottati, perché ogni scelta contabile diventa automaticamente rilevante anche per il fisco.
Una novità che avvicina il sistema italiano ai principi internazionali, ma che rischia di gravare sulle PMI in termini di oneri e contenziosi.
È indubbio che l’obiettivo sia corretto: garantire coerenza tra bilancio e fisco e ridurre l’arbitrarietà. Tuttavia, come spesso accade, la norma si ferma a metà strada tra semplificazione e complessità.
Il rischio è che le imprese minori, pur esentate da alcuni adempimenti tecnici, restino esposte a interpretazioni discordanti, mentre le grandi società potranno gestire meglio la “valutazione oggettiva” dei ricavi grazie a risorse e consulenze adeguate.
In definitiva, l’OIC 34 rappresenta un passo in avanti nella cultura contabile italiana, ma il decreto avrebbe meritato un corredo più operativo: esempi, casi pratici, simulazioni di contabilizzazione.
Senza questi strumenti, la norma resta impeccabile sulla carta ma di difficile traduzione nella realtà quotidiana di chi deve redigere un bilancio vero, non accademico.
È il solito limite della nostra legislazione: grande precisione formale, poca concretezza applicativa.
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